Dal primo rinnovo utile di settembre, l’abbonamento Spotify Premium aumenta di un euro al mese anche in Italia.
Spotify ha annunciato un nuovo aumento del costo per il suo abbonamento Premium individuale, che passerà dagli attuali 10,99 euro a 11,99 euro al mese a partire da settembre. La comunicazione è già in corso via mail agli utenti italiani, confermando le voci circolate nei mesi scorsi e in linea con quanto già accaduto negli Stati Uniti, dove il rincaro è diventato effettivo l’anno scorso.
Secondo quanto dichiarato dalla piattaforma, l’aumento sarebbe motivato dall’obiettivo di “continuare a innovare le offerte e migliorare le funzionalità”. Una formula generica, già usata in passato, che non entra nei dettagli ma fa intuire un’esigenza strutturale. Il ritocco non coinvolge altri piani come quello Family o Student, almeno per il momento.
La novità riguarda solo il piano mensile individuale, introdotto originariamente a 9,99 euro e già aumentato una prima volta nell’estate 2023. A settembre scatterà dunque il secondo rincaro in due anni per chi usa il servizio in forma singola. Non è escluso che, a questo punto, alcuni utenti decidano di sospendere il rinnovo automatico o di valutare altre opzioni disponibili sul mercato dello streaming musicale.
Perché Spotify aumenta i prezzi: cosa dicono i numeri
Il motivo ufficiale dell’aumento resta generico. La frase utilizzata dall’azienda parla di necessità di migliorare l’esperienza dell’utente e di sostenere lo sviluppo di nuove funzionalità, ma dietro le righe si legge altro. Negli ultimi trimestri, i bilanci del gruppo non hanno brillato, e il prezzo dell’abbonamento è uno degli strumenti più immediati per riequilibrare entrate e spese. La strategia non è isolata. Già nel 2024, Spotify aveva rivisto le tariffe in diverse aree del mondo, inclusi Stati Uniti, Canada e Regno Unito. Ora è il turno dell’Italia, e il messaggio è chiaro: mantenere il livello del servizio richiede un maggiore contributo mensile da parte degli utenti.

Chi ha un abbonamento attivo riceverà una notifica via mail almeno una settimana prima del prossimo rinnovo. L’aumento, infatti, si applica a partire dalla data di rinnovo successiva al 1° settembre. In pratica, chi paga il piano individuale vedrà la nuova tariffa da 11,99 euro applicata nel primo ciclo utile di settembre. Al momento, non ci sono variazioni per gli altri piani (come Duo, Family o Student), ma non è detto che la situazione resti stabile nei prossimi mesi. L’azienda sta cercando un equilibrio tra il valore percepito dagli utenti e la sostenibilità economica del servizio, in un contesto di forte concorrenza con piattaforme come Apple Music, Amazon Music e YouTube Music.
Come disattivare Spotify Premium e cosa valutare in alternativa
L’aumento del prezzo potrebbe spingere una parte degli abbonati a riconsiderare la propria sottoscrizione. Disdire Spotify Premium è una procedura semplice: si accede al proprio account online, si entra nella sezione dedicata al piano attivo e si seleziona l’opzione “Annulla piano”, confermando la scelta nelle schermate successive.
Una volta annullato l’abbonamento, il profilo rimane attivo fino alla fine del periodo già pagato, dopodiché passa automaticamente alla versione Free, con limiti nell’ascolto e presenza di spot pubblicitari.
Per chi non vuole rinunciare allo streaming ma cerca alternative più economiche o diverse, il mercato offre diverse opzioni. Servizi come Deezer, Amazon Music, Tidal o YouTube Music propongono soluzioni simili, con vari gradi di personalizzazione e piani familiari o annuali vantaggiosi.
Esistono anche strumenti online per trasferire le playlist da Spotify verso altri servizi, in modo da mantenere intatta la propria libreria musicale. Alcuni di questi strumenti permettono il passaggio gratuito di brani e album salvati, riducendo così l’impatto del cambiamento.
Chi sceglie di restare, invece, dovrà abituarsi alla nuova soglia mensile di 11,99 euro, tenendo presente che potrebbe non essere l’ultimo aumento. In un contesto di continue trasformazioni, la stabilità dei prezzi non è più garantita nemmeno per i colossi del settore.